Il conflitto in Ucraina ha ripercussioni dirette e indirette anche sulla salute delle imprese italiane.
Da sempre, CONSILIUM affianca le aziende nella comprensione del quadro economico nazionale e internazionale. Questo sunto nasce dalla consultazione di più fonti ed autori del settore finanziario. Abbiamo ad esempio preso spunto da Stephen Dover, Chief Market Strategist al Franklin Templeton Investment Institute.
Il punto più evidente da cui partire è un semplice dato di fatto. La globalizzazione ha prodotto un intreccio sempre più fitto ed inestricabile tra Economia e Finanza. Un intreccio che supera le barriere tra i singoli Stati. Parlare di investimenti internazionali significa oggi tenere in considerazione anche il loro impatto – positivo o negativo – sulla sicurezza nazionale e globale. Il conflitto tra Russia e Ucraina non desta quindi solo la massima preoccupazione in termini di vite umane. È ormai chiaro come questa guerra stia già avendo delle ripercussioni sull’economia dei Paesi direttamente coinvolti, così pure come sull’economia mondiale.
La guerra scatenata dalla Russia potrebbe avere implicazioni economiche ingenti e su ampia scala. Tra queste, le più evidenti sono un’inflazione in crescita ovunque e peggiori condizioni di vita dei gruppi già economicamente vulnerabili. La stessa Cina, pur disponendo di forze nettamente superiori a quelle della maggior parte degli altri Paesi, non ne uscirà indenne. Basta pensare alle sue catene di importazione e soprattutto di esportazione, che essendo tendenzialmente lunghe sono esposte a più rischi. Nel complesso, si prevede quindi un indebolimento della crescita globale. Tutto questo si presenta dopo due anni di pandemia, che hanno messo a nudo la fragilità di molte filiere, ora ancora più fragili.
L’invasione russa in Ucraina ha provocato uno shock a livello globale, sia nella domanda che nell’offerta. Le interruzioni nelle forniture di materie prime, energia, generi alimentari ed altro ancora stanno già provocando un forte incremento dei prezzi. Non stupisce il fatto che oltre alla scarsità dei prodotti, si verifichino anche casi di acquisti speculativi. La maggiore inflazione colpisce anche i Paesi in via di sviluppo. Quando i prezzi salgono così in fretta, il potere d’acquisto del consumatore finale cala altrettanto in fretta. Il reddito si ridistribuisce a favore dei produttori, ma la crescita complessivamente si contrae. E se la domanda cala, le aziende tendono a non investire.
Per quanto riguarda l’Italia, è bene tenere presente che è il quarto Paese europeo per valore di esportazioni nei mercati di Russia e Ucraina. Il problema non è, purtroppo, solo l’approvvigionamento energetico. Stando a dati recenti di Confindustria, se circa 13 miliardi di euro vanno in prodotti che l’Italia importa (per lo più gas e materie prime), 7 miliardi entrano tramite prodotti che siamo noi ed esportare. Inoltre, 1.500 aziende italiane hanno almeno una partecipata tra la Russia e l’Ucraina. Questo dato riguarda in particolare il commercio (all’ingrosso e al dettaglio), il manifatturiero e il settore energetico.
Perché quindi introdurre sanzioni economiche, invece di una risposta militare? Ci possono essere molti modi per rispondere a questa domanda. Quello forse più lampante è che la Russia rientra tra i pochi Paesi al mondo con un arsenale atomico. Non solo ne è fornita, ma è il Paese che ne dispone in quantità maggiore. Ecco perché un’escalation militare sarebbe “caldamente sconsigliata”. Teniamo invece conto che, nel frattempo, l’impatto delle sanzioni economiche si sta facendo sentire.
Riceviamo aggiornamenti quotidiani sulle condizioni economiche degli oligarchi russi. Alcuni esempi ci sono sembrati più “vicini” di altri. Ha molto colpito la decisione di Abramovich di vendere la squadra di calcio Chelsea e di darne i proventi in beneficenza. Ci colpisce ancora più da vicino la scelta da parte di ricchi possidenti russi di licenziare il personale delle proprie ville in Sardegna. A monte di tutto questo si colloca il congelamento dei beni. Ha fatto molto discutere il sequestro degli yacht ancorati nei porti italiani, yacht del valore tra i 50 e i 450 milioni di euro. Se da un lato – comprensibilmente – le conseguenze delle sanzioni economiche ci spaventano, dall’altro dobbiamo prendere atto del loro effetto. Tra gli uomini più ricchi al mondo, nonché tra le persone più vicine a Putin, Mikhail Fridman e Oleg Deripaska si sarebbero già schierati contro il Presidente russo.
Questo avviene perché le sanzioni puntano a creare forte malcontento tra le persone più fidate di Putin, di modo da creare un’opposizione interna. Un risultato che si ottiene erodendo la base industriale del Paese e mettendo in difficoltà i colossi del mondo finanziario russo. Non bisogna nemmeno sottovalutare il potere dell’inflazione, da sempre grande lievito di tutti i fenomeni di malcontento politico.
Proviamo quindi a riassumere le sanzioni attualmente in corso e/o che ad oggi si è deciso di applicare:
● congelamento dei beni di 5 banche russe che, a vario titolo, hanno finanziato l’invasione dell’Ucraina;
● blocco d’accesso, sempre per le banche russe, ai mercati finanziari europei;
● estromissione della Russia dai finanziamenti occidentali;
● blocco del gasdotto Nord Stream 2 tra Russia e Germania;
● blocco, sempre verso la Russia, dell’export di nuove tecnologie, attrezzature industriali, beni civili e militari;
● divieto per le banche UE di accettare depositi di cittadini russi sopra i 100.000 euro;
● sanzionamento di oligarchi vicini a Putin, collaboratori, amici e finanziatori della politica aggressiva russa verso l’Ucraina;
● sanzioni di carattere sportivo;
● sanzioni contro i 351 Deputati della Duma che il 15 febbraio hanno votato per il riconoscimento delle autoproclamate Repubbliche filorusse di Donetsk e Lugansk;
Anche fuori dall’Unione Europea non sono mancate le sanzioni nei confronti del Cremlino:
● il Giappone ha proibito di rilasciare visti a persone legate alle due Repubbliche filorusse di Donetsk e Lugansk. Ha inoltre provveduto a congelare i beni e a vietare gli scambi commerciali;
● il Canada ha anch’esso esteso sanzioni verso i Deputati russi che hanno riconosciuto le due Repubbliche filorusse di Donetsk e Lugansk. Anche in questo caso, si sono vietate le transazioni economiche verso i loro cittadini;
● il Regno Unito ha rilasciato sanzioni analoghe, vietando inoltre alla compagnia aerea russa Aeroflot di sorvolare lo spazio aereo nazionale;
● gli USA di Biden hanno inoltre sanzionato 4 banche statali russe, per un valore complessivo di 1.000 miliardi di dollari. Gli americani hanno anche provveduto a dimezzare l’export di materiale tecnologico e a restringere i prestiti per 13 imprese russe.
Nelle righe sopra ci siamo limitati a riportare fatti e informazioni. Questi sono, da sempre, gli elementi necessari su cui basare una lettura efficace delle crisi internazionali. CONSILIUM è ben consapevole del peso di queste parole. Il conflitto al quale stiamo tutti assistendo è, prima di tutto e fondamentalmente, una tragedia umanitaria. Ci auguriamo che i nostri clienti possano trarre informazioni utili da quanto esposto sopra. E ci auguriamo con forza ancora maggiore che la guerra smetta presto di infuriare.